Ci muoviamo alla volta di Puna Pau, cava in un piccolo cratere conico alla periferia di Hanga Roa, nel sud ovest dell’isola di Pasqua. Puna Pau dà anche il nome ad una delle sette regioni del Parco nazionale di Rapa Nui. Puna Pau era l’unica fonte delle rocce rosse che il popolo Rapa Nui utilizzava per scolpire il pukao (cappello) messo sulle teste di alcuni moai.
Le pietre rosse
La pietra rossa di Puna Pau è stata utilizzata anche per alcuni moai non standard, tra cui i Tukuturi e anche per alcuni petroglifi.
Pukao di pietra rossa
Da notare la cavità scavata nella roccia che serviva per inserire il copricapo sulla testa del Moai. Nel sito archeologico vi sono circa una ventina di Pukao in buono stato di conservazione. Proseguiamo il nostro itinerario per ammirare le cave di Ana Te Pahu. Queste grotte erano usate dagli antichi indigeni di Rapa Nui come rifugi o nascondigli. Le grotte sono tunnel di lava in realtà vuoti che un tempo contenevano fiumi di lava fusa. Una volta scaricata la lava sono rimasti solamente i tunnel vuoti.
All’interno dei tunnel vi è poca luce e molta umidità con l’acqua che gocciola dal soffitto soprattutto nella stagione delle piogge; si avverte una certa inquietudine ma la curiosità e la bellezza di questo complesso sotterraneo creato dalla natura prendono il sopravvento e ci lasciano stupiti e meravigliati da tanta beltà. Le volte delle grotte sono alte e non c’è bisogno di camminare chinati. Sono arcuate verso il basso e convergono verso il pavimento relativamente piatto. Senza dubbio in tempi antichi sono stati rimossi i detriti rocciosi più ingombranti ed oggi sono rimasti solamente i detriti più piccoli. Camminando s’incontrano pozze d’acqua stagnante e a causa della scarsa luce è consigliabile calzare scarpe da trekking perchè le profondità sono molto variabili.
Facciamo ritorno al nostro hotel e ci prepariamo per rientrare sulla terra ferma a Santiago del Cile per fare poi ritorno in Italia. Questa esperienza ci ha arricchito sotto ogni profilo. Abbiamo visitato luoghi incredibili e di rara bellezza, siamo passati dall’aridità del deserto sino alla rigogliosità della vegetazione della Valle dell Elqui. Abbiamo incontrato persone meravigliose che ci hanno fatto sentire parte integrante del loro tessuto sociale e non semplici turisti di passaggio. Stesso discorso vale per l’Isola di Pasqua vera perla oceanica come le migliaia di isole del Pacifico. Questo viaggio non resterà solamente un bel ricordo ma verrà sicuramente rivissuto da parte nostra in un futuro prossimo.
Raffa & Carlo
Desideriamo ringraziare il Tour Operator “Tour 2000” di Ancona ed in particolare il Sig.re M.Savoia dell’agenzia viaggi “Alderan” di Roma per la professionalità e la pazienza dimostrate nell’assecondare le nostre richieste.
Dopo 5 ore di volo da Santiago sorvolando l’immenso Oceano Pacifico, atterriamo all’aeroporto di Mataveri sull’Isola di Pasqua.
Aeroporto MataveriUscita verso l’isola
In puro stile Hawaiano ci attende la guida locale che ci fa indossare le tipiche ghirlande di fiori polinesiane.
Il gesto di benvenuto
L’Isola di Pasqua è un’isola dell’Oceano Pacifico meridionale appartenente al Cile. Situata a 3.601 km a ovest delle coste del Cile e 2.075 km a est delle Isole Pitcairn, è una delle isole abitate più isolate del mondo. L’Isola di Pasqua è situata sulla dorsale pacifica dalla quale prende origine. La costa si abissa quindi rapidamente nei dintorni dell’isola fino a profondità che possono raggiungere i 3000 metri. A causa delle sue origini vulcaniche l’isola si è formata su di una base basaltica tipica per le dorsali oceaniche e non vanta quindi molte spiagge ma è invece caratterizzata per la maggior parte da ripide scogliere. La sua forma ricorda vagamente quella di un triangolo rettangolo, con una lunghezza massima di 24 chilometri e una larghezza massima di 13 chilometri. Le tre elevazioni principali sono date da tre coni di vulcani spenti, che sono il Rano Kau, il Maunga Puakatiki e il Maunga Terevaka. Quest’ultimo raggiunge un’altezza di 509 metri ed è pertanto il punto più elevato di tutta l’isola. Nella zona meridionale dell’isola si trovano infine tre isole minori (Motu Iti, Motu Kau Kau e Motu Nui) che invece sono disabitate. L’arcipelago più vicino all’Isola di Pasqua è l’arcipelago delle isole Austral, con le isole di Tubuai e Rapa. A causa della sua posizione l’Isola di Pasqua gode di un clima subtropicale con temperature medie che si aggirano intorno ai 21 gradi centigradi e con uno sbalzo termico quasi nullo tra una stagione e l’altra. L’isola è quindi esposta per la maggior parte dell’anno all’aliseo, che soffia in direzione nord est. Arriviamo al nostro albergo completamente immerso nella vegetazione locale.
L’Isola di Pasqua con le sue sole 48 specie vegetali native è una tra le isole più povere di specie vegetali in tutta l’area del Sud Pacifico. L’isola infatti è situata in una zona lontana dalla costa e in tutta la sua storia geologica non ha mai goduto di un collegamento con la terraferma, mentre la maggior parte delle correnti oceaniche che interessano l’isola provengono da occidente e non portano pertanto semi dalla terraferma. Anche il contributo da parte delle specie di uccelli migratori che popolano l’isola è stato modesto. Posiamo i bagagli e facciamo un giro per vedere l’Oceano e le bellezze locali.
Ocean landscape
La storia dell’Isola di Pasqua è difficile da ricostruire in quanto mancano completamente fonti certe e i primi coloni non hanno lasciato documenti scritti ai quali fare riferimento, dato che questi popoli all’epoca della prima colonizzazione dell’isola non disponevano ancora di una scrittura. Per quanto riguarda l’origine della popolazione anche qui sorgono diverse controversie. Secondo Thor Heyerdahl, un fautore della tesi della colonizzazione a più ondate, la popolazione indigena doveva essere originaria dell’america del sud. Ciò nonostante va riconosciuto a Heyerdahl il merito di aver dimostrato che una colonizzazione dell’Isola di Pasqua sarebbe potuta avvenire anche dal Sud America. L’isola si doveva presentare come una immensa foresta di palme. La popolazione rimase numericamente modesta e sostanzialmente in equilibrio con le risorse naturali presenti. In seguito, però, nacque da parte degli abitanti la necessità di costruire i moai, il cui sistema di trasporto richiedeva notevoli quantità di legname. Cominciò pertanto un importante lavoro di disboscamento dell’isola che fu ulteriormente intensificato dopo il sensibile aumento della popolazione dovuto a nuovi sbarchi. La riduzione della risorsa forestale provocò un inasprimento dei rapporti sociali interni che sfociarono talora in violente guerre civili. Le condizioni di vita sull’isola divennero pertanto proibitive per la poca popolazione rimasta, in gran parte decimata dagli scontri interni e dai flussi emigratori. A spiegazione della precoce perdita di alberi dell’isola, oggi si sono portate avanti anche ipotesi riguardanti la possibile responsabilità dei ratti del tipo polinesiano che colonizzarono al seguito dei polinesiani attorno al 1500 oppure altri ratti che raggiunsero l’isola dopo il 1700 d.C., con gli sbarchi dei primi europei. L’assenza di predatori naturali, permise a questi piccoli mammiferi di moltiplicarsi a dismisura e, considerato che nella loro dieta alimentare entrarono immediatamente anche i semi di palma, si ritiene che abbiano potuto contribuire all’estinzione degli alberi dell’isola.
Andiamo a visitare il parco nazionale di Rano Raraku dove ammiriamo i primi siti archeologici dei Moai.
La cava nei pressi di Rano Raraku è su una collina ed è dove vennero creati la maggior parte dei moai. I resti di questo vulcano hanno fornito le pietre per le statue ed è dove si possono ammirare le diverse fasi degli scavi assieme ad alcune figure rimaste incompiute. Vale la pena salire sul versante orientale del cratere, arrivare in cima e poi scendere all’interno. Il percorso sull’altro versante del cratere, dove si trova la maggior parte dei moai, porta a uno dei punti più spettacolari dell’isola. Rano Kau è quello che resta di un cono vulcanico e come Rano Raraku è pieno di acqua piovana e ha un aspetto soprannaturale e variegato davvero spettacolare.
Ci spostiamo ora verso il sito più famoso dell’Isola di Pasqua. Rappresentato in migliaia di immagini è l’icona dell’isola stessa.
Ahu Tonariki è il più grande altare (Ahu) mai costruito sull’isola ed è possibile ammirare sino a 15 Moai. Questo sito dona al visitatore immagini mozzafiato tra le più spettacolari dell’isola stagliandosi su un insenatura con rocce a picco sul mare.
Proseguiamo verso il sito di Ahu Te Pito Kura dove si trova il più grande Moai mai trasportato dalla fucina di Rano Kau. E’ alto 10 metri ed è messo a faccia in giù.
Nelle vicinanze del sito di Ahu Te Pito Kura si trova una pietra tonda con proprietà magnetiche portata da Hotu Matua leggendario primo colonizzatore e ariki mau (“capo supremo” o “re”) dell’Isola di Pasqua e antenato dei Rapa Nui. Il gruppo di Hotu Matua con le sue due canoe (o una singola canoa a doppio scafo) era composto da polinesiani della terra di Hiva (probabilmente le Isole Marchesi). Sbarcarono sulla spiaggia di Anakena spargendosi sull’isola, dividendosi in clan a seconda del figlio da cui discendevano e vivendo per oltre 1000 anni isolati sull’isola posta all’estremità sudorientale del triangolo polinesiano. La pietra rappresentava l’ombelico del mondo.
Andiamo adesso alla spiaggia di Anakena una distesa di sabbia chiara circondata da palme ed a breve distanza da un paio di spettacolari siti archeologici. Il contesto è unico al mondo. Dopo un rinfrescante bagno, infatti, si può raggiungere il moai solitario di Ahu Ature Huki o Ahu Nau Nau con le sue fiere statue in tufo, a ricordo di una popolazione che ha lasciato tracce del suo passaggio attraverso un tipo di arte originale e unica.
Finito il relax sulla bianca spiaggia, ritorniamo al nostro albergo e ci godiamo il tramonto mentre il sole scivola lentamente dietro l’oceano.
Dopo aver pernottato nell’igloo in PVC dell’astro hotel Elqui Domus, ripartiamo alla volta dell’osservatorio astronomico dell’ESO situato a La Silla. L’osservatorio si trova ai margini del Deserto di Atacama, a 600 km a nord di Santiago del Cile e a un’altitudine di 2400 metri slm. Come altri osservatori in questa zona, La Silla è situato lontano da sorgenti di inquinamento luminoso e, come l’Osservatorio del Paranal, sede del VLT, ha uno dei cieli notturni più bui della Terra. La Silla è una roccaforte dell’ESO sin dagli anni ’60. Qui l’ESO gestisce due telescopi della classe dei 4 metri, fra i più produttivi al mondo.
Cancello d’accesso all’osservatorio
Lasciato il cancello per l’identificazione e l’accesso al sito, saliamo in macchina ed arriviamo dopo circa 10 minuti in cima a La Silla. Dopo una breve introduzione da parte della guida scientifica dell’ESO, iniziamo la visita dal telescopio NTT (New Technology Telescope) che ci attende con la sua imponenza in cima alla rampa.
NTT sullo sfondo
Il New Technology Telescope da 3,58 metri (NTT) ha aperto nuove strade all’ingegneria e alla progettazione dei telescopi ed è stato il primo al mondo in cui lo specchio principale viene controllato da un computer (ottica attiva), una tecnologia sviluppata all’ESO e ora applicata alla maggior parte degli attuali grandi telescopi nel mondo.
La cupola del telescopio NTT
Lo specchio secondario da 0,875 metriDettagli della camera CCD
Continuiamo la nostra visita all’interno della cupola che ospita il telescopio da 3,6 metri. Questo telescopio ospita ora il principale cercatore di pianeti extrasolari: HARPS (High Accuracy Radial velocity Planet Searcher), uno spettrografo di precisione ineguagliabile.
Telescopio da 3,6 m sullo sfondo
Sostiamo d’innanzi al maestoso telescopio attraversato dai raggi del sole che penetrano la cupola.
Specchio secondarioDettaglio della montaturaScorcio in proiezioneLa gabbia di Cassegrain
Alla base del telescopio si trova la Cassegrain cage. All’interno di essa sono alloggiati gli spettrografi e altri strumenti. I primi tempi questa gabbia ospitava al suo interno l’astronomo osservatore. Oggi gli strumenti di controllo remoto hanno eliminato la necessità della presenza umana all’interno della gabbia stessa. Usciamo dalla cupola e in lontananza scorgiamo la nostra prossima meta: il telescopio submillimetrico svedese.
Telescopio submillimetrico
Questo radiotelescopio da 15 m di diametro, costruito nel 1987 è stato il primo della sua classe ad operare nell’emisfero australe. E’ stato dismesso nel 2003.
Swedish telescope view
In passato è stato utilizzato per le osservazioni nella finestra della radiazione elettromagnetica delle onde submillimetriche di regioni del cielo quali il centro galattico e le nubi di Magellano.
Scendiamo ora per la parte finale del nostro tour, visitando la control room ove remotamente vengono pilotati I telescopi presenti nel sito. Prima però gettiamo uno sguardo dall’alto dell’intero sito.
La Silla landscape
Riprendiamo la macchina ed arriviamo al centro di controllo.
La Silla control room
In questo stabile il personale scientifico e non ha a disposizione tutta una serie di strumenti a controllo remoto per governare tutti gli strumenti osservativi disponibili nel sito. La foto seguente mostra uno scorcio di un desk operativo dove astronomi, ingegneri ed operatori condividono lo spazio osservativo.
La Silla control desk
Al momento della nostra visita gli operatori dei telescopi stavano approntando le procedure propedeutiche alle osservazioni notturne che da li a poche ore sarebbero iniziate. Girando per la control room ci imbattiamo in questo avviso molto divertente.
Compilate il mission report e ritirate la tazza come souvenir…
Un gadget divertente che viene donato ai ricercatori che adempiono alle procedure operative vigenti nel sito. La nostra visita si conclude qui e lasciamo l’osservatorio per far ritorno a La Serena, dove ci godiamo il tramonto sull’oceano e ci prepariamo alla prossima tappa. Ci rivediamo all’isola di Pasqua. Bye Bye…
La Serena Ocean sunset
Se vi siete appassionati date uno sguardo a questo video dell’ESO che vi mostra l’osservatorio di La Silla…
Finalmente arriviamo all’astro Hotel Elqui Domus, situato a circa 110 Km dalla città di La Serena e 580 Km dalla capitale cilena Santiago. L’hotel è situato a circa 3.5 Km dalla piccola cittadina Pisco Elqui sulla strada per Horcon. E’ una vera chicca per gli inseguitori di stelle come noi. Molto accogliente ed è anche l’unico astro hotel dell’emisfero australe, su di un totale di sei astro hotel nel mondo.
Astro Hotel Elqui Domus reception
L’hotel dispone di sette tende geodetiche in PVC che possono ospitare quattro persone cadauna. Sono composte da due livelli: al piano terreno si trova la zona living e il bagno, mentre al piano superiore si trova il letto matrimoniale con a ridosso la cupola apribile per potersi addormentare sotto il cielo stellato.
Hisilicon Balong
Entriamo ora nella nostra cupola e vediamo la disposizione degli arredi.
Living room #1
Living room #2
Living room #3
Living room #4
Bedroom
Bathroom
Ed ora apriamo la cupola magica che ci proietterà verso le stelle…
Apertura della copertura…Apertura completata con successo…
Oltre alle cupole in PVC l’hotel è dotato di quattro observatory rooms situate più in alto.
Observatory rooms
Dopo aver partecipato al tour astronomico proposto dall’Hotel, ci mettiamo a letto e proviamo l’emozione della visione notturna dalla cupola.
La luna troneggia e rischiara la notte cilena…
E’ un esperienza che va vissuta appieno ed è molto emozionante per chi ama la natura e vuole riscoprire l’immensità del cosmo e sentirsi più vicino al creato. Adesso riposiamo e prepariamoci per la prossima tappa: l’osservatorio dell’ESO a La Silla. Notte notte a tutti…
E’ il cuore pulsante della produzione cilena di Pisco (famosa acquavite ricavata dalla distillazione di vino bianco e rosato aromatico e non) ed è ricoperta da un manto di verde striato.
Le colline verdeggianti ricoperte da distese di vitigni e da filiere di alberi da frutto quali la papaia gialla, l’avocado la rendono un luogo incantevole come un oasi in mezzo al deserto.
Terra famosa per i suoi avveniristici osservatori astronomici, i cercatori di energia cosmica, i frequenti avvistamenti di UFO, la sua più famosa poetessa di sempre Gabriela Mistral ed i pittoreschi villaggi, è davvero un luogo incantevole ove ammirare la natura nelle sue mille sfaccettature. Al lago artificiale Embalse Puclaro (creato da una diga) si trova l’arpa eolica un diapason che vibra col vento ed emette suoni.
Ascoltate il suono delle molecole d’aria che attraversano le corde del diapason… Il suono della natura…
Andiamo ora a mangiare le prelibatezze del luogo cucinate con la cucina solare. Il forno solare o cucina solare serve a cucinare qualunque alimento con la sola energia del sole. Il cibo è cotto senza fumo e combustibile fossile grazie ad un concentratore solare a parabola che riflette i raggi solari sulla pentola o barbecue generando fino a 220°C.
Andiamo ora nella piccola città di Vicuna, culla della poesia onirica di Gabriela Mistral. situata appena a 62Km da La Serena è un ottimo punto di partenza per visitare la valle dell’Elqui. La sua semplice piazza, l’atmosfera idilliaca e le case basse meritano del tempo per poter essere ammirate in tutta serenità.
La piazza si staglia sul sagrato della locale chiesa in puro stile coloniale.
Proseguiamo il nostro viaggio alla volta di Pisco Elqui, così ribattezzato per pubblicizzare il prodotto più famoso della zona. Il villaggio in origine veniva chiamato La Uniòn ed è composto da una piccola comunità situata nella parte superiore del bacino del Rio Claro, affluente dell’Elqui.
L’attrazione principale del luogo è ovviamente la distilleria Pisco Mistral produttrice dell’omonima marca di Pisco Mistral. Aggirandoci tra le stanze del museo cittadino possiamo ammirare l’architettura locale e gli strumenti necessari alla frabbricazione del distillato.
Il sole sta scivolando dietro le montagne cilene, e per noi è giunto il momento di trovare una sistemazione per la notte. Nel prossimo post sveleremo il luogo segreto. Notte notte…
Voliamo sopra le montagne andine verso sud e più precisamente verso La serena.
E’ la seconda città più vecchia del Cile e ha diversi splendidi edifici ed un lungo litorale dorato. questa miscela ne fa una località balneare ideale per i turisti che amano la cultura.
Gironzolando per le vie cittadine si scoprono solenni chiese costruite con la pietra, grandi viali alberati e deliziose piazzette. Alcune costruzioni risalgono all’epoca coloniale, ma la maggior parte risalgono all’epoca neocoloniale. La striscia di mare di La serena va dal faro della città oramai in disuso sino a Coquimbo.
Al mattino presto ci rechiamo al porto di Caleta Punta de Choros dove ci aspetta l’imbarcazione che ci condurrà a Isla Damas.
Saliamo a bordo dell’imbarcazione assieme ad altri turisti, infiliamo il giubbotto salvagente ed iniziamo a navigare alla volta dell’isola.
Isla Damas è parte della riserva nazionale dei pinguini di Humboldt. E’ un parco naturale che ha un estensione pari a 800 ettari, creato per proteggere le colonie di leoni marini, delfini, lontre di mare, pellicani altre specie di uccelli ed ovviamente i pinguini di Humboldt.Una famiglia di leoni marini si godono il sole di mezzogiorno.
Dei cuccioli di leone marino ci osservano dalla loro dimora ricavata tra le rocce dell’isola.
Passiamo accanto ad un gruppo di pellicani appollaiati sugli scogli.
Proseguiamo il giro delle isole e approdiamo in un punto dove le deserte spiagge di sabbia bianca e le acque turchesi ci accolgono come dei moderni Crusoe.
Ci attende sulla spiaggia l’ambasciatore che ci porge i saluti di tutta la fauna dell’isola.
La combinazione tra l’anticiclone del Pacifico e la corrente fredda di Humboldt ha creato questo paesaggio arido che caratterizza la frangia costiera del deserto di Atacama. Il clima risulta a temperatura uniforme, con abbondante nuvolosità e basse precipitazioni. La vegetazione è composta principalmente da cactus a colonna e a cespuglio.
E adesso una serie di foto a conclusione di questa meravigliosa escursione marina.
La sveglia alle 5 AM inesorabilmente ci ridesta dal nostro sonno e credetemi questo viaggio ci ha regalato poche ore di riposo ma ci ha ripagati con un susseguirsi di emozioni e bellezze naturali mai visti prima. Facciamo colazione ed aspettiamo la guida che ci condurrà ai Geysers. Durante il tragitto nel buio del deserto alziamo lo sguardo dal finestrino e la miriade di stelle ancora ci accompagna sino al plateu del Tatio. Appena scesi dal pulmino, ci ritroviamo immersi in un paesaggio extraterrestre e la sensazione di trovarsi all’interno di un gigantesco bagno turco.
L’area è circondata da vulcani e nel plateau vi sono circa 64 geiser e quasi un centinaio di fumarole. Camminando veniamo avvolti dalle colonne di vapore che si innalzano verso il cielo. Questa ascesa viene accompagnata dal suono del ribollire dell’acqua, dai zampilli e dai fischi emessi dalla pressione dell’acqua mentre fuoriesce dai pertugi nel terreno.
Alle 6 del mattino ad un altitudine pari a 4300 m. slm la temperatura è ancora sotto lo zero e i getti di vapore ci forniscono il tepore necessario per proseguire la visita. Il Tatio è il campo geotermico più alto del mondo. La vista dei suoi pennacchi di vapore che si stagliano sul cielo terso del mattino cileno è indimenticabile.
Al sorgere del sole i suoi raggi attraversano i vapori delle fumarole creando un gioco di luci e riflessi incredibile.
Le strutture minerali che si formano quanto l’acqua bollente evapora sono di una rara e splendida bellezza.
I geysers di trovano a circa 95 Km a nord di San Pedro de Atacama e la gestione è stata affidata dal governo cileno ai nativi atacameno. Perchè le visite a questo sito geologico si fanno all’alba? Perchè è il momento migliore per vedere i geysers in azione. Verso le 8.30 AM il vento disperde il calore e lo spettacolo dei pennacchi di fumo esce di scena per lasciare il posto al sole ed al cielo blu. Se vi piace fare il bagno termale potete farlo nella piscina naturale. Ma fate attenzione perchè il sito è pieno di pericoli. In alcuni punti il terreno che separa il fondo del bacino dalle cavità sottostanti piene d’acqua bollente è sottile e potrebbe cedere al vostro peso. Attenzione anche alle pozze d’acqua bollente. non mettete le mani e state sempre a debita distanza. Nel corso degli anni si sono verificati incidenti con visitatori che hanno riportato ustioni ed alcuni sono morti. Ammiriamo la natura ma sempre consapevoli delle insidie che la sua bellezza cela ai nostri occhi.
ApochichilometridaSanPedrodeAtacama, situatenella catena montuosa del sale si estendonolavalle della morte elavalle della luna.Entrambe fanno partedellariservanaturale di Flamingos.Arriviamo alla valledellamorte e quando lasciamo la macchina ci dirigiamo verso un grande canyon compostodarocciaesabbia.
La storia legata al nome della valle della morte narra che tra gli occidentali che scoprirono questa parte del deserto di Atacama, vi era anche un astronomo francese che assimilò la conformazione e la colorazione del terreno e delle rocce a quella del pianeta rosso. Ma vi fu un fraintendimento linguistico con la popolazione locale che anzichè capire Mart, capì Muerte. Da li il nome valle della morte ancor oggi conservato.
Camminando in questo paesaggio marziano, si ha la sensazione di non essere sulla terra. E’ veramente un santuario della natura. Dopo la passeggiata iniziata nel tardo pomeriggio, prendiamo la nostra starship e andiamo a visitare la valle della luna. Troviamo varie formazioni di pietra e sabbia che sono state scolpite dal vento e dall’acqua nel corso dei millenni. Vi sono anche dei laghi asciutti dove il bianco del sale ricopre parti della valle ed anche diversi affioramenti salini che appaiono come sculture artificiali.
Ha una vasta gamma di colori e sfumature, molto simili alla superficie della luna.
Quando il sole tramonta, i raggi accarezzano i bordi delle colline e gole, mentre il vento soffia tra le rocce e le tonalità del cielo passano dal colore rosa al viola e infine al nero.
Continuando la nostra passeggiata lunare come due astronauti arriviamo alla scultura naturale chiamata “Le tre Marie”. Purtroppo un vandalo negli scorsi anni ha cercato di distruggere la scultura che però mantiene i tratti che lasciano intuire la presenza di donne intente alla preghiera.
Riprendiamo la macchina e usciamo dalla riserva naturale di Flamingos. Percorriamo alcuni chilometri e ci fermiamo per ammirare il tramonto che colora le montagne desertiche con la sensibilità e la delicatezza che solamente la natura è in grado di fare. Approfittiamo per brindare dinnanzi a questo spettacolo mozzafiato da vivere in tutta la sua meraviglia.
Rientriamo a San Pedro per la nottata. Domani la sveglia alle 5 darà il via alla nostra prossima tappa ai Geyser di El Tatio.
Oggi partiamo alla volta del salar de Atacama. E’ una laguna di sale di tremila chilometri quadrati ed è uno spettacolo senza uguali.
Dimora di uccelli andini e di una grande riserva di litio, la sua crosta spessa forma accumulazioni che scricchiolano al tramonto, mentre la temperatura scende rapidamente.
Il Salar di Atacama è una delle massime attrazioni della Riserva Nazionale Los Flamencos. Il gran numero di uccelli dalle lunghe gambe che nidificano e si alimentano nei suoi “ojos de agua” (occhi d’acqua) come la laguna Chaxa.
Scopri le differenze tra i fenicotteri andini, cileni e quelli di james immerso in questo paesaggio mozzafiato. Nella foto precedente si vedono quattro fenicotteri andini riconoscibili dalla tipica coda nera. Nella prossima immagine vedete un Chorlo de la Puna o Corriere della Puna.
Lasciamo ora la splendida salad de Atacama e andiamo a visitare due splendide lagune.
Arriviamo dopo circa una trentina di minuti in macchina alle laguna Miscanti e laguna Minìques e iniziamo la camminata che ci porterà a vedere questi splendidi ed incontaminati luoghi.
La Laguna Miscanti è un lago d’alta montagna ad un’altitudine di 4.120 metri sopra il livello del mare, situato nell’ Altopiano della Regione di Antofagasta, nel nord del Cile. La strada (Ruta 23) per il lago è di ghiaia, ma in ottime condizioni. La salita è semplicemente terribile, e a questa latitudine si comincia a sentire la rarefazione dell’aria.
Minìques è il nome di un vulcano ed anche della laguna che porta lo stesso nome. La montagna si è formata a seguito di eruzioni di andesite basaltica. Il complesso, ubicato al sud della laguna omonima, ha un grande numero di crateri e fiumi di lava fino ad un’altitudine di 5910 slm.
Riprendiamo il nostro viaggio alla volta del delizioso paesino di Toconao. Situato a 2.475 m. slm. conta circa 500 abitanti, ed è un’oasi con acqua dolce che permette la coltivazioni di frutteti. Il villaggio ha interessanti costruzioni in pietra locale e le stradine strette e i cortili frondosi sono particolarmente belli. La chiesa di San Luca risale al 1750 e il campanile è considerato il più bello di Atacama. Qui si trovano oggetti di artigianato in pietra vulcanica, legno di cactus e lana di lama.
Toconao – il campanile
Toconao – la porta d’ingresso del campanile in legno di cactusToconao – la chiesa di San LucaToconao – interno della chiesa di San Luca
Alla fine della giornata rientriamo alla nostra base a San Pedro, ma prima facciamo una fermata obbligatoria sulla linea del meridiano del tropico del cancro.
Il Tropico del Cancro è uno dei due tropici della Terra, quello situato nell’Emisfero Boreale (emisfero nord). Il suo equivalente nell’emisfero australe è il Tropico del Capricorno. Corrisponde al parallelo più settentrionale in cui il Sole culmina allo zenit un giorno all’anno (nel solstizio d’estate) con una parabola apparente molto ripida all’orizzonte; più a nord ovviamente i raggi del Sole non cadono mai esattamente perpendicolari alla superficie della Terra facendo completamente dissolvere le ombre. Procedendo più a sud, entro la fascia intertropicale, il giorno in cui il Sole è allo zenit a mezzogiorno anticipa rispetto al solstizio d’estate. Questo fino all’equatore, dove il sole si trova all’esatto zenit due volte l’anno, in corrispondenza dei due equinozi. Ci soffermiamo qualche minuto sul sentiero degli Inca.
La più importante strada inca era il cosiddetto Camino Real (strada dei re), con una lunghezza di 5200 km. Partiva da Quito, in Ecuador, ed attraversando Cuzco giungeva nell’odierna Tucumán in Argentina. Il Camino Real attraversava la catena montuosa delle Ande, con picchi di altitudine di oltre 5000 m s.l.m. El Camino de la Costa (strada costiera), la tratta costiera, con una lunghezza di 4000 km correva parallela al mare, ed era collegata al Camino Real tramite molte piccole strade secondarie.
Dopo aver trascorso la prima notte a San Pedro de Atacama, partiamo alla volta dell’Osservatorio ALMA dell’ESO. Ci rechiamo alla fermata del bus che ci conduce dopo circa 70 Km al gate dell’Osservatorio dove ci accoglie il cane guardia del sito.
Fido all’ALMA gate
Dopo un’accurata annusata attorno al nostro bus, fido ci fa entrare e proseguiamo fino al campo base. Continuamo a salire sino a raggiungere i 2900 metri di altitudine attorniati dall’immancabile panorama desertico.
Panorama desertico durante l’ascesa verso il campo base 2900 mt.
Arriviamo finalmente al campo base ove vi sono gli edifici con le control rooms e le officine per la manutenzione delle antenne.
Sullo sfondo il campo base
Ma a questo punto vi state chiedendo ma cos’è l’ALMA? In lingua spagnola significa “anima” ma è l’acronimo di “Atacama Large Millimeter-submillimeter Array”. E’ un telescopio modernissimo creato per studiare la luce proveniente da alcuni dei più freddi oggetti dell’Universo. Questa luce ha lunghezze d’onda di circa un millimetro, fra la luce infrarossa e le onde radio, ed è perciò conosciuta come radiazione millimetrica e submillimetrica. ALMA è composta da 66 antenne di alta precisione, disseminate a distanze che raggiungono i 16 chilometri. Ma perchè costruire un telescopio di queste proporzioni proprio qui?
La radiazione millimetrica e submillimetrica apre una finestra sull’enigmatico Universo freddo, ma i segnali provenienti dallo spazio sono fortemente assorbiti dal vapore acqueo presente nell’atmosfera terrestre. Per questo i telescopi per questo tipo di astronomia devono essere costruiti in siti elevati e secchi, come quello di 5000 metri dell’altopiano di Chajnantor, il sito del più alto osservatorio astronomico sulla Terra.
Il sito di ALMA, circa 70 kilometri a est di San Pedro di Atacama, nel nord del Cile, è uno dei luoghi più secchi della Terra. Gli astronomi vi trovano condizioni ineguagliabili per l’osservazione, ma devono gestire un osservatorio di frontiera in condizioni molto difficili. Il Chajnantor è 750 m più in alto dell’Osservatorio di Mauna Kea, e 2400 metri più in alto del VLT sul Cerro Paranal.
L’accesso ai visitatori è consentito esclusivamente al campo base, in quanto al plateau ove sono installate le antenne a 5000 mt. è accessibile solamente al personale di manutenzione e agli ingegneri. Nello spazio riservato alla manutenzione troviamo una delle antenne che è stata trasportata dai 5000 mt. ai 2900 mt.
Antenna da 12 mt. di diametro
Queste antenne costituite da acciaio e alluminio e fibra di carbonio CFRP, vengono trasportate utilizzando mezzi eccezionali che viaggiano alla velocità di 20 Km/h.
Mezzo di trasporto delle antenne
Andiamo ora all’interno della control room ove i segnali raccolti dalle antenne vengono elaborati e visualizzati sugli schermi dei computers.
Control room con scienziati in un momento di relax
Poi ci soffermiamo sulla console che mostra la situazione delle antenne attualmente in funzione e la weather station che fornisce dati telemetrici sulle condizioni atmosferiche presenti sul plateau a 5000 mt.
consoles con principali dati di funzionamento delle antenne
Restiamo qualche minuto oltre il previsto perchè cogliamo l’occasione per scambiare quattro chiacchiere con alcuni scienziati presenti nella stanza. E’ un momento molto emozionante per capire da coloro che vivono quotidianamente la ricerca delle risposte fondamentali per la nostra comprensione, quali sono ad oggi le scoperte che inevitabilmente innescheranno nuove domande che saranno la base per le future indagini scientifiche. Salutiamo gli scienziati così cortesi e disponibili e proseguiamo il tour all’interno dell’edificio. Giungiamo ad un laboratorio ove vengono testati e tarati gli strumenti di rilevazione dei segnali. Qui vengono preparati i nuovi strumenti e riparati quelli attualmente in produzione mantenendoli sempre al massimo dell’efficienza.
Laboratorio per la messa a punto degli strumenti di rilevazione.
Usciamo dall’edificio e ci soffermiamo qualche istante ancora per osservare gli alloggi dedicati al personale dislocato presso l’osservatorio.
Alloggi per il personale.
La nostra visita è terminata, risaliamo sul bus, scendiamo verso il gate e salutiamo il mitico fido che ci concede un’ultima annusata in segno di saluto. Rientriamo a San Pedro per passare il pomeriggio in totale relax, pronti per le escursioni del giorno seguente.