La fabbrica dei cappelli e i tunnel…

Ci muoviamo alla volta di Puna Pau, cava in un piccolo cratere conico alla periferia di Hanga Roa, nel sud ovest dell’isola di Pasqua. Puna Pau dà anche il nome ad una delle sette regioni del Parco nazionale di Rapa Nui. Puna Pau era l’unica fonte delle rocce rosse che il popolo Rapa Nui utilizzava per scolpire il pukao (cappello) messo sulle teste di alcuni moai.

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Le pietre rosse

La pietra rossa di Puna Pau è stata utilizzata anche per alcuni moai non standard, tra cui i Tukuturi e anche per alcuni petroglifi.

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Pukao di pietra rossa

Da notare la cavità scavata nella roccia che serviva per inserire il copricapo sulla testa del Moai. Nel sito archeologico vi sono circa una ventina di Pukao in buono stato di conservazione. Proseguiamo il nostro itinerario per ammirare le cave di Ana Te Pahu. Queste grotte erano usate dagli antichi indigeni di Rapa Nui come rifugi o nascondigli. Le grotte sono tunnel di lava in realtà vuoti che un tempo contenevano fiumi di lava fusa. Una volta scaricata la lava sono rimasti solamente i tunnel vuoti.

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All’interno dei tunnel vi è poca luce e molta umidità con l’acqua che gocciola dal soffitto soprattutto nella stagione delle piogge; si avverte una certa inquietudine ma la curiosità e la bellezza di questo complesso sotterraneo creato dalla natura prendono il sopravvento e ci lasciano stupiti e meravigliati da tanta beltà. Le volte delle grotte sono alte e non c’è bisogno di camminare chinati. Sono arcuate verso il basso e convergono verso il pavimento relativamente piatto. Senza dubbio in tempi antichi sono stati rimossi i detriti rocciosi più ingombranti ed oggi sono rimasti solamente i detriti più piccoli. Camminando s’incontrano pozze d’acqua stagnante e a causa della scarsa luce è consigliabile calzare scarpe da trekking perchè le profondità sono molto variabili.

Facciamo ritorno al nostro hotel e ci prepariamo per rientrare sulla terra ferma a Santiago del Cile per fare poi ritorno in Italia. Questa esperienza ci ha arricchito sotto ogni profilo. Abbiamo visitato luoghi incredibili e di rara bellezza, siamo passati dall’aridità del deserto sino alla rigogliosità della vegetazione della Valle dell Elqui. Abbiamo incontrato persone meravigliose che ci hanno fatto sentire parte integrante del loro tessuto sociale e non semplici turisti di passaggio. Stesso discorso vale per l’Isola di Pasqua vera perla oceanica come le migliaia di isole del Pacifico. Questo viaggio non resterà solamente un bel ricordo ma verrà sicuramente rivissuto da parte nostra in un futuro prossimo.

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Raffa & Carlo

Desideriamo ringraziare il Tour Operator “Tour 2000” di Ancona ed in particolare il Sig.re M.Savoia dell’agenzia viaggi “Alderan” di Roma per la professionalità e la pazienza dimostrate nell’assecondare le nostre richieste.

 

 

A caccia di Moai…

Dopo 5 ore di volo da Santiago sorvolando l’immenso Oceano Pacifico, atterriamo all’aeroporto di Mataveri sull’Isola di Pasqua.

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Aeroporto Mataveri
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Uscita verso l’isola

In puro stile Hawaiano ci attende la guida locale che ci fa indossare le tipiche ghirlande di fiori polinesiane.

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Il gesto di benvenuto

L’Isola di Pasqua è un’isola dell’Oceano Pacifico meridionale appartenente al Cile. Situata a 3.601 km a ovest delle coste del Cile e 2.075 km a est delle Isole Pitcairn, è una delle isole abitate più isolate del mondo. L’Isola di Pasqua è situata sulla dorsale pacifica dalla quale prende origine. La costa si abissa quindi rapidamente nei dintorni dell’isola fino a profondità che possono raggiungere i 3000 metri. A causa delle sue origini vulcaniche l’isola si è formata su di una base basaltica tipica per le dorsali oceaniche e non vanta quindi molte spiagge ma è invece caratterizzata per la maggior parte da ripide scogliere. La sua forma ricorda vagamente quella di un triangolo rettangolo, con una lunghezza massima di 24 chilometri e una larghezza massima di 13 chilometri. Le tre elevazioni principali sono date da tre coni di vulcani spenti, che sono il Rano Kau, il Maunga Puakatiki e il Maunga Terevaka. Quest’ultimo raggiunge un’altezza di 509 metri ed è pertanto il punto più elevato di tutta l’isola. Nella zona meridionale dell’isola si trovano infine tre isole minori (Motu Iti, Motu Kau Kau e Motu Nui) che invece sono disabitate. L’arcipelago più vicino all’Isola di Pasqua è l’arcipelago delle isole Austral, con le isole di Tubuai e Rapa. A causa della sua posizione l’Isola di Pasqua gode di un clima subtropicale con temperature medie che si aggirano intorno ai 21 gradi centigradi e con uno sbalzo termico quasi nullo tra una stagione e l’altra. L’isola è quindi esposta per la maggior parte dell’anno all’aliseo, che soffia in direzione nord est. Arriviamo al nostro albergo completamente immerso nella vegetazione locale.

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L’Isola di Pasqua con le sue sole 48 specie vegetali native è una tra le isole più povere di specie vegetali in tutta l’area del Sud Pacifico. L’isola infatti è situata in una zona lontana dalla costa e in tutta la sua storia geologica non ha mai goduto di un collegamento con la terraferma, mentre la maggior parte delle correnti oceaniche che interessano l’isola provengono da occidente e non portano pertanto semi dalla terraferma. Anche il contributo da parte delle specie di uccelli migratori che popolano l’isola è stato modesto. Posiamo i bagagli e facciamo un giro per vedere l’Oceano e le bellezze locali.

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Ocean landscape

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La storia dell’Isola di Pasqua è difficile da ricostruire in quanto mancano completamente fonti certe e i primi coloni non hanno lasciato documenti scritti ai quali fare riferimento, dato che questi popoli all’epoca della prima colonizzazione dell’isola non disponevano ancora di una scrittura. Per quanto riguarda l’origine della popolazione anche qui sorgono diverse controversie. Secondo Thor Heyerdahl, un fautore della tesi della colonizzazione a più ondate, la popolazione indigena doveva essere originaria dell’america del sud. Ciò nonostante va riconosciuto a Heyerdahl il merito di aver dimostrato che una colonizzazione dell’Isola di Pasqua sarebbe potuta avvenire anche dal Sud America. L’isola si doveva presentare come una immensa foresta di palme. La popolazione rimase numericamente modesta e sostanzialmente in equilibrio con le risorse naturali presenti. In seguito, però, nacque da parte degli abitanti la necessità di costruire i moai, il cui sistema di trasporto richiedeva notevoli quantità di legname. Cominciò pertanto un importante lavoro di disboscamento dell’isola che fu ulteriormente intensificato dopo il sensibile aumento della popolazione dovuto a nuovi sbarchi. La riduzione della risorsa forestale provocò un inasprimento dei rapporti sociali interni che sfociarono talora in violente guerre civili. Le condizioni di vita sull’isola divennero pertanto proibitive per la poca popolazione rimasta, in gran parte decimata dagli scontri interni e dai flussi emigratori. A spiegazione della precoce perdita di alberi dell’isola, oggi si sono portate avanti anche ipotesi riguardanti la possibile responsabilità dei ratti del tipo polinesiano che colonizzarono al seguito dei polinesiani attorno al 1500 oppure altri ratti che raggiunsero l’isola dopo il 1700 d.C., con gli sbarchi dei primi europei. L’assenza di predatori naturali, permise a questi piccoli mammiferi di moltiplicarsi a dismisura e, considerato che nella loro dieta alimentare entrarono immediatamente anche i semi di palma, si ritiene che abbiano potuto contribuire all’estinzione degli alberi dell’isola.

Andiamo a visitare il parco nazionale di Rano Raraku dove ammiriamo i primi siti archeologici dei Moai.

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La cava nei pressi di Rano Raraku è su una collina ed è dove vennero creati la maggior parte dei moai. I resti di questo vulcano hanno fornito le pietre per le statue ed è dove si possono ammirare le diverse fasi degli scavi assieme ad alcune figure rimaste incompiute. Vale la pena salire sul versante orientale del cratere, arrivare in cima e poi scendere all’interno. Il percorso sull’altro versante del cratere, dove si trova la maggior parte dei moai, porta a uno dei punti più spettacolari dell’isola. Rano Kau è quello che resta di un cono vulcanico e come Rano Raraku è pieno di acqua piovana e ha un aspetto soprannaturale e variegato davvero spettacolare.

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Ci spostiamo ora verso il sito più famoso dell’Isola di Pasqua. Rappresentato in migliaia di immagini è l’icona dell’isola stessa.

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Ahu Tonariki è il più grande altare (Ahu) mai costruito sull’isola ed è possibile ammirare sino a 15 Moai. Questo sito dona al visitatore immagini mozzafiato tra le più spettacolari dell’isola stagliandosi su un insenatura con rocce a picco sul mare.

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Proseguiamo verso il sito di Ahu Te Pito Kura dove si trova il più grande Moai mai trasportato dalla fucina di Rano Kau. E’ alto 10 metri ed è messo a faccia in giù.

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Nelle vicinanze del sito di Ahu Te Pito Kura si trova una pietra tonda con proprietà magnetiche portata da Hotu Matua leggendario primo colonizzatore e ariki mau (“capo supremo” o “re”) dell’Isola di Pasqua e antenato dei Rapa Nui. Il gruppo di Hotu Matua con le sue due canoe (o una singola canoa a doppio scafo) era composto da polinesiani della terra di Hiva (probabilmente le Isole Marchesi). Sbarcarono sulla spiaggia di Anakena spargendosi sull’isola, dividendosi in clan a seconda del figlio da cui discendevano e vivendo per oltre 1000 anni isolati sull’isola posta all’estremità sudorientale del triangolo polinesiano. La pietra rappresentava l’ombelico del mondo.

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Andiamo adesso alla spiaggia di Anakena una distesa di sabbia chiara circondata da palme ed a breve distanza da un paio di spettacolari siti archeologici. Il contesto è unico al mondo. Dopo un rinfrescante bagno, infatti, si può raggiungere il moai solitario di Ahu Ature Huki o Ahu Nau Nau con le sue fiere statue in tufo, a ricordo di una popolazione che ha lasciato tracce del suo passaggio attraverso un tipo di arte originale e unica.

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Finito il relax sulla bianca spiaggia, ritorniamo al nostro albergo e ci godiamo il tramonto mentre il sole scivola lentamente dietro l’oceano.

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Notte notte e alla prossima…