Finalmente il James Webb Space Telescope (da qui in poi JWST) sta viaggiando a 1.7567 km/s verso il punto d’inserimento nell’orbita L2, dove una volta terminate le operazioni di dispiegamento delle sue componenti, potrà iniziare la sua missione esplorativa. Iniziamo a capire perchè si posizionerà nell’orbita L2.
Il punto L2
L’obiettivo principale è posizionare il telescopio in modo tale che il suo moto non venga disturbato dall’attrazione gravitazionale di altri corpi celesti: quando un satellite viene lanciato in orbita nello Spazio, si ritrova a subire l’attrazione di qualsiasi oggetto dotato di massa, principalmente dai pianeti vicini e dal Sole, che ne disturbano la traiettoria modificandola in modo considerevole. L2 è il nome dato ad un punto speciale che si trova sulla retta che passa per il centro del Sole e per il centro della Terra. Posizionandosi in L2, JWST verrà certamente attratto sia dalla Terra che dal Sole, ma nessuna delle due attrazioni combinate lo farà avvicinare, perché a quella distanza il telescopio avrà una velocità sufficiente da permettergli di mantenere un orbita “circolare” grazie all’effetto della forza centrifuga.
L’aggettivo circolare è volutamente virgolettato perché in realtà l’orbita in questione non è propriamente una circonferenza e non potrebbe esserlo, perché c’è una complessa interazione tra i tre corpi. Per la precisione, l’orbita che il JWST percorrerà è detta orbita Halo, un’orbita che non giace su di un piano, ma che è tridimensionale ed è formata da molte piccole dune, che porteranno il telescopio ad oscillare proprio attorno a questo punto, mentre percorre l’orbita.
Calcolare il punto rientra nel cosiddetto “problema dei tre corpi” (nel nostro caso Sole – Terra – JWST), un problema di meccanica orbitale risolto con successo dal matematico Joseph-louis Lagrange nel XVIII secolo, i cui risultati sono tutt’ora utilizzati. Il problema, in sostanza, recita: “E’ possibile trovare una configurazione per cui tre corpi possano orbitare l’uno attorno all’altro rimanendo sempre nella stessa posizione relativa tra loro?”.
La soluzione di questo problema permise di identificare 5 punti nello spazio nei quali è possibile posizionare un satellite bilanciando l’attrazione gravitazionale del Sole, chiamati “Punti di Lagrange“.
Di tutti e 5 i punti, L2 è il più vantaggioso: è lontano dal Sole, e da quella posizione il telescopio è orientato in direzione opposta (di spalle) evitando che la luce nell’infrarosso emessa dalla nostra stella possa investirlo. Il JWST è un telescopio che opera nell’infrarosso, dunque è di vitale importanza che le sue osservazioni non vengano disturbate da una così potente fonte di radiazioni infrarosse quale è il Sole. Il suo scudo servirà proprio a proteggere la strumentazione dalla luce solare e dalle alte temperature cui sarà soggetta. Basti pensare che le superfici del telescopio rivolte verso il Sole raggiungeranno una temperatura di 85°C, mentre quelle esposte in direzione di osservazione raggiungeranno circa i -233°C. Uno scudo decisamente protettivo. E affinché sia sempre così efficace, è importante che il Sole resti sempre alle spalle del JWST, ovvero nella stessa posizione relativa. Anche in questo caso l’aggettivo “relativa” è virgolettato, perché lo spazio, essendo isotropo, non ha nessuna direzione privilegiata.
La scienza del JWST
JWST fornirà osservazioni all’avanguardia che approfondiranno i misteri dei primi oggetti che si sono formati nell’universo primordiale, dalla formazione delle galassie, alla nascita di stelle e di sistemi planetari e le origini della vita stessa.
La fine dei secoli bui: prima luce e reionizzazione
La teoria e l’osservazione ci hanno fornito un’immagine semplice dell’universo primordiale. Man mano che l’universo si espandeva e si raffreddava, si formavano alcune molecole di idrogeno, che a loro volta consentivano la formazione delle prime stelle individuali. Le prime stelle si sono formate in quelle regioni che erano le più dense.
Secondo la teoria e le osservazioni della sonda Wilkinson Microwave Anisotropy Probe (WMAP), l’universo si è espanso di un fattore 20, la densità media era 8000 volte maggiore di quella attuale e l’età dell’Universo era di circa 180 milioni di anni. Sempre secondo la teoria, queste prime stelle erano da 30 a 1000 volte più massicce del Sole e milioni di volte più luminose e bruciavano il loro combustibile solo per pochi milioni di anni prima di incontrare una fine violenta. Il destino di ognuna di esse poteva manifestarsi sotto forma di supernova oppure direttamente in un buco nero. Le supernove permettevano l’arricchimento del gas circostante con gli elementi chimici prodotti al loro interno e le future generazioni di stelle contenevano tutte questi elementi più pesanti i metalli. I buchi neri iniziarono invece ad ingoiare gas e altre stelle per diventare dei mini-quasar, crescendo e fondendosi per diventare gli enormi buchi neri che ora si trovano al centro di quasi tutte le galassie. La distinzione è importante, perché solo le supernove restituiscono elementi pesanti al gas che in seguito formerà la nuova generazione di stelle. Le supernove e i mini-quasar, dovrebbero essere osservabili dal JWST. Entrambi potrebbero anche essere fonti di lampi di raggi gamma e di onde gravitazionali che potrebbero essere scoperti da altri osservatori (a terra e nello spazio) e quindi osservati in seguito da JWST. A tale scopo l’astronomia multimessaggera assumerà un ruolo sempre più importante. Oltre alle supernove delle prime stelle il JWST sarà in grado di rilevare anche le prime galassie e gli ammassi stellari.

Formazione delle galassie
Le galassie sono i mattoni visibili dell’universo. La teoria e l’osservazione ci danno anche un’immagine privilegiata dell’assemblaggio delle galassie stesse. Sembra che prima si siano formati piccoli oggetti che in seguito si sono fusi tra loro per formare strutture più grandi. Questo processo si verifica ancora oggi, poiché la nostra Via Lattea si fonde con alcuni dei suoi compagni nani mentre la Galassia di Andromeda si dirige verso la Via Lattea per una futura fusione che potrebbe avvenire tra 5 miliardi di anni. Le galassie più antiche mai rilevate sono state osservate indietro nel tempo,entro il primo miliardo di anni dopo il Big Bang.
Nonostante tutto il lavoro svolto fino ad oggi, molte domande sono ancora aperte. Non sappiamo davvero come si formano le galassie, cosa controlla le loro forme, i processi di creazione stellare, come gli elementi chimici vengono generati e ridistribuiti attraverso le galassie, se i buchi neri centrali esercitano una grande influenza sulle galassie, o quali siano gli effetti di eventi violenti quando porzioni piccole e grandi si fondono attraverso le collisioni.
L’obiettivo del JWST è osservare le galassie fino ai loro primi precursori (redshift z>10) in modo da poter comprendere la loro crescita e la loro evoluzione morfologica e metallica. Per raggiungere questo obiettivo, il JWST dovrà fornire immagini spettroscopiche nella banda da 0,6 a 27 µm.

Nascita delle stelle e sistemi protoplanetari
Mentre le stelle sono un argomento classico dell’astronomia, solo in tempi recenti abbiamo iniziato a comprenderle con osservazioni dettagliate e simulazioni al computer. Cent’anni fa non sapevamo che fossero alimentate dalla fusione nucleare, e cinquant’anni fa non sapevamo che le stelle si formano continuamente. Non conosciamo ancora i dettagli di come si formano da nubi di gas e polvere, o perché la maggior parte delle stelle si formano in gruppi, o come si formano i pianeti. Inoltre, non conosciamo i dettagli di come si evolvono e liberano i metalli pesanti nello spazio per il riciclaggio in nuove generazioni di stelle e pianeti. In molti casi, queste vecchie stelle, hanno effetti importanti sulla formazione di nuove.
Le osservazioni mostrano che la maggior parte delle stelle si forma in più sistemi stellari e che molte hanno pianeti. Tuttavia, c’è poco accordo su come ciò avvenga, e la scoperta di un gran numero di pianeti massicci in orbite molto ravvicinate attorno alle loro stelle è stata molto sorprendente. Sappiamo anche che i pianeti sono comuni intorno alle stelle di tipo tardivo (più fredde e meno massicce del Sole) e che i dischi di detriti potrebbero segnalare la loro presenza.
L’obiettivo del JWST è quello di svelare la nascita e l’evoluzione iniziale delle stelle, partendo dalle protostelle avvolte dalla polvere, fino alla genesi dei sistemi planetari. Il JWST è stato concepito proprio per cercare una risposta a questi misteri grazie alla combinazione delle sue modalità di osservazione ad alta risoluzione, imaging, spettroscopia e capacità coronografiche, sommate ad un’eccellente sensibilità nel vicino e medio infrarosso.

I sistemi planetari e le origini della vita
Comprendere l’origine della Terra e la sua capacità di sostenere la vita, è un obiettivo chiave per tutta l’astronomia ed è fondamentale per il programma scientifico JWST. Le parti chiave della storia includono la comprensione della formazione di piccoli oggetti e come si combinano per formarne di più grandi, l’apprendimento di come raggiungono le loro orbite attuali, l’apprendimento di come i grandi pianeti influenzano gli altri in sistemi come il nostro e l’apprendimento della storia chimica e fisica degli oggetti piccoli e grandi che hanno formato la Terra ed hanno fornito i precursori chimici necessari per la vita. Gli oggetti freddi e la polvere nel sistema solare esterno sono la prova delle condizioni del sistema solare primordiale e sono direttamente paragonabili agli oggetti freddi ed alla polvere osservati intorno ad altre stelle.
L’obiettivo del JWST è determinare le proprietà fisiche e chimiche dei sistemi planetari ed investigare il potenziale per le origini della vita in quei sistemi. Il JWST dovrà fornire immagini nel vicino e medio infrarosso per osservare gli esopianeti.
Il tema dell’esplorazione planetaria del JWST includerà anche le osservazioni del nostro sistema solare con imaging e caratterizzazione spettroscopica di Marte e dei pianeti esterni, degli oggetti della fascia di Kuiper, i pianeti nani, lune ghiacciate e le comete.

Dov’è il JWST?
Grazie al JWST i prossimi 5-10 anni potrebbero cambiare molte delle nostre attuali teorie riguardanti le prime fasi dell’Universo, l’evoluzioni delle stelle, delle galassie e dei sistemi planetari. In attesa di queste nuove scoperte, se volete tracciare il JWST, seguitelo qui nella web page della NASA.
E per finire ecco un meeting che vede Brian Greene (noto fisico teorico) in veste di moderatore, che dialoga con gli scienziati che hanno partecipato al progetto del JWST.