La quantità di energia che permea lo spazio vuoto sembra troppo piccola per essere spiegata senza un multiverso. Ma i fisici hanno almeno un’alternativa da esplorare.

L’idea controversa che il nostro universo sia solo una bolla casuale in un multiverso infinito e spumeggiante, nasce logicamente dalla caratteristica apparentemente più innocua della natura: lo spazio vuoto. Nello specifico, il seme dell’ipotesi del multiverso è l’inspiegabilmente minuscola quantità di energia infusa nello spazio vuoto – energia nota come energia del vuoto, energia oscura o costante cosmologica. Ogni metro cubo di spazio vuoto contiene solo la quantità di questa energia necessaria ad accendere una lampadina per 11 trilionesimi di secondo. “L’osso nella nostra gola”, come lo definì una volta il premio Nobel Steven Weinberg, è che il vuoto dovrebbe essere almeno un trilione di trilioni di trilioni di trilioni di trilioni di volte più energetico, a causa di tutta la materia e dei campi di forza che lo attraversano. In qualche modo gli effetti di tutti questi campi sul vuoto si equalizzano, producendo una placida immobilità.
Perché lo spazio vuoto è così vuoto?
Sebbene non conosciamo la risposta a questa domanda – il famigerato “problema della costante cosmologica” – l’estrema vacuità del nostro vuoto sembra necessaria per la nostra esistenza. In un universo permeato anche solo leggermente di questa energia gravitazionalmente repulsiva, lo spazio si espanderebbe troppo rapidamente perché strutture come galassie, pianeti o persone possano formarsi. Questa situazione così ben definita suggerisce che potrebbe esserci un numero enorme di universi , tutti con dosi diverse di energia del vuoto, e che abitiamo in un universo a energia straordinariamente bassa perché non potremmo trovarci in nessun altro luogo.

Alcuni scienziati si irritano per la tautologia del “ragionamento antropico” e detestano il multiverso perché non è testabile. Persino coloro che sono aperti all’idea del multiverso vorrebbero avere soluzioni alternative al problema della costante cosmologica da esplorare. Ma finora si è dimostrato quasi impossibile risolverlo senza un multiverso. “Il problema dell’energia oscura è così spinoso, così difficile, che non si hanno ancora una o due soluzioni”, ha affermato Raman Sundrum, fisico teorico dell’Università del Maryland.
Per capirne il motivo, consideriamo cos’è effettivamente l’energia del vuoto. La teoria della relatività generale di Albert Einstein afferma che materia ed energia indicano allo spazio-tempo come curvarsi e la curvatura dello spazio-tempo indica alla materia e all’energia come muoversi. Una caratteristica automatica delle equazioni è che lo spazio-tempo può possedere una propria energia – la quantità costante che rimane quando non c’è altro, che Einstein chiamò costante cosmologica. Per decenni, i cosmologi hanno ipotizzato che il suo valore fosse esattamente zero, dato il tasso di espansione ragionevolmente costante dell’universo e si sono chiesti perché. Ma poi, nel 1998, gli astronomi hanno scoperto che l’espansione del cosmo sta in realtà accelerando gradualmente, il che implica la presenza di un’energia repulsiva che permea lo spazio. Soprannominata energia oscura dagli astronomi, è quasi certamente equivalente alla costante cosmologica di Einstein. La sua presenza fa sì che il cosmo si espanda sempre più rapidamente, poiché, espandendosi, si forma nuovo spazio e la quantità totale di energia repulsiva nel cosmo aumenta.

Tuttavia, la densità dedotta di questa energia del vuoto contraddice ciò che la teoria quantistica dei campi, il linguaggio della fisica delle particelle, afferma sullo spazio vuoto. Un campo quantistico è vuoto quando non vi sono eccitazioni di particelle che lo attraversano. Ma a causa del principio di indeterminazione della fisica quantistica, lo stato di un campo quantistico non è mai certo, quindi la sua energia non può mai essere esattamente zero. Si pensi a un campo quantistico come costituito da piccole molle in ogni punto dello spazio. Le molle si muovono costantemente, perché si trovano sempre entro un intervallo incerto della loro lunghezza di massimo rilassamento. Sono sempre un po’ troppo compresse o allungate, e quindi sempre in movimento, possedendo energia. Questa è chiamata energia di punto zero del campo. I campi di forza hanno energie di punto zero positive, mentre i campi di materia ne hanno negative, e queste energie si sommano e si sottraggono all’energia totale del vuoto.

L’energia totale del vuoto dovrebbe essere all’incirca uguale al maggiore di questi fattori contributivi. (Immaginiamo di ricevere un regalo di 10.000 Euro; anche dopo aver speso 100 Euro o aver trovato 3 Euro sul divano, rimarranno comunque circa 10.000 Euro). Eppure, il tasso di espansione cosmica osservato indica che il suo valore è tra 60 e 120 ordini di grandezza inferiore ad alcuni dei contributi di energia di punto zero, come se tutti i diversi termini positivi e negativi si fossero in qualche modo annullati. Elaborare un meccanismo fisico per questa equalizzazione è estremamente difficile per due motivi principali.
In primo luogo, l’unico effetto dell’energia del vuoto è gravitazionale, quindi ridurla sembrerebbe richiedere un meccanismo gravitazionale. Ma nei primi istanti dell’universo, quando un tale meccanismo avrebbe potuto operare, l’universo era così piccolo fisicamente che la sua energia del vuoto totale era trascurabile rispetto alla quantità di materia e radiazione. L’effetto gravitazionale dell’energia del vuoto sarebbe stato completamente annullato dalla gravità di tutto il resto. Un meccanismo di feedback gravitazionale che regola con precisione l’energia del vuoto nelle condizioni dell’universo primordiale.
A complicare ulteriormente la situazione, i calcoli della teoria quantistica dei campi indicano che l’energia del vuoto avrebbe subito variazioni di valore in risposta ai cambiamenti di fase nell’universo in raffreddamento poco dopo il Big Bang. Ciò solleva la questione se l’ipotetico meccanismo che ha equalizzato l’energia del vuoto sia intervenuto prima o dopo che questi cambiamenti si fossero verificati.
E come avrebbe potuto il meccanismo conoscere l’entità dei loro effetti, per compensarli?
Finora, questi ostacoli hanno vanificato i tentativi di spiegare il peso minuscolo dello spazio vuoto senza ricorrere ad una lotteria del multiverso. Ma recentemente, alcuni ricercatori hanno esplorato una possibile strada: se l’universo non si fosse formato per esplosione, ma avesse invece rimbalzato, in seguito a una precedente fase di contrazione, allora l’universo in contrazione nel lontano passato sarebbe stato immenso e dominato dall’energia del vuoto. Forse un qualche meccanismo gravitazionale avrebbe potuto agire sull’abbondante energia del vuoto di allora, diluendola naturalmente nel tempo. Questa idea ha motivato i fisici Peter Graham, David Kaplan e Surjeet Rajendran a scoprire un nuovo modello di rimbalzo cosmico, sebbene non abbiano ancora dimostrato come avrebbe potuto funzionare la diluizione del vuoto nell’universo in contrazione.

Raphael Bousso ha definito il loro approccio “un tentativo molto valido” e “una lotta informata ed onesta con un problema significativo”. Ha però aggiunto che permangono enormi lacune nel modello e che “gli ostacoli tecnici per colmare queste lacune e farlo funzionare sono significativi. La costruzione è già una macchina di Rube Goldberg, e diventerà, nella migliore delle ipotesi, ancora più complicata quando queste lacune saranno colmate”. Lui ed altri sostenitori del multiverso considerano la loro risposta più semplice, al confronto.
